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Gli asili nido: da servizio sociale a sistema integrato di educazione ed istruzione

Il servizio degli asili nido in Italia, destinato a bambini fino a 3 anni di età, è principalmente organizzato a livello locale dai Comuni, sulla base delle normative emanate dalle singole Regioni.

Esso è stato istituito parallelamente all’avvio del primo processo di decentralizzazione amministrativa e, dunque, all’istituzione delle Regioni come enti territoriali autonomi.

La prima legge in materia di asili nido in Italia è la l. n. 1044/1971, “Piano quinquennale per l’istituzione di asili nido comunali con il concorso dello Stato”, che  definisce  l’asilo nido come “un servizio sociale di interesse pubblico” (art. 1) con lo scopo principale di “provvedere alla temporanea custodia dei bambini, per assicurare una adeguata assistenza alla famiglia e anche per facilitare l'accesso della donna al lavoro nel quadro di un completo sistema di sicurezza sociale” (art. 2).

Dall’analisi del testo normativo emerge che, in origine, l’asilo nido viene concepito nel nostro ordinamento principalmente quale servizio di custodia e assistenza, centrato maggiormente sui bisogni degli adulti e, in modo particolare, delle madri lavoratrici.

Dopo la legge del 1971, eccezion fatta per il d.l. n. 55/1983, nella versione modificata dalla l. n.131/1983, che inserisce gli asili nido tra i servizi pubblici finanziati da tariffe, contribuzioni ed entrate specifiche (art. 6, co. 1), il Legislatore interviene nuovamente su questa materia solo nel 1997, con legge n. 285/1997, recante “Disposizioni per la promozione di diritti e di opportunità per l’infanzia e l’adolescenza. Con la stessa legge viene istituito il Fondo Nazionale per l’Infanzia e l’Adolescenza con destinazione diretta ai Comuni cosiddetti “riservatari” e si promuovono servizi aggiuntivi all’infanzia con fini prevalentemente ludici e educativi. Si apre, cioè, in modo significativo a soluzioni organizzative diverse rispetto a quelle “tradizionali”, prevedendo servizi che non si sostituiscono ai nidi ma che si differenziano da essi per una maggiore flessibilità organizzativa (ad es. la possibilità di essere condotti su base familiare, gruppi o associazioni), orari di apertura e servizi più limitati (ad es. assenza del servizio mensa e del riposo pomeridiano).

Successivamente la l. n. 328/2000, “Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali”, introduce nell’ordinamento italiano un sistema integrato di servizi sociali multilivello, gestito dalle Regioni, dai Comuni e dallo Stato, secondo le rispettive classificazioni di funzioni. In seno al dettagliarsi delle aree di servizio, e più segnatamente nell’alveo delle strutture semiresidenziali, gli asili nido vengono de facto inquadrati tra i servizi sociali.

Sul piano definitorio – e concettuale - un cambio di passo significativo si registra con la l. n. 448/2001 – (legge di Bilancio 2002) - istitutiva di un Fondo speciale per la costruzione di nuovi asili nido (dichiarato poi costituzionalmente illegittimo dalla sentenza Corte costituzionale n. 370 del 2003 per violazione dell’art. 119 Cost.). Gli asili nido, difatti, vengono definiti come “strutture dirette a garantire la formazione e la socializzazione delle bambine e dei bambini di età compresa tra i tre mesi ed i tre anni e a sostenere le famiglie ed i genitori” (art.70). La funzione formativa, cioè, diventa prevalente rispetto a quella di assistenza, spostando il focus dell’utenza finale del servizio dall’adulto al bambino.

Il passaggio definitorio si completa altresì, col d. lgs. n. 65/2017 recante “Istituzione del sistema integrato di educazione e di istruzione dalla nascita sino a sei anni, a norma dell'articolo 1, commi 180 e 181, lettera e), della legge 13 luglio 2015, n. 107”, il quale inserisce l’asilo nido nell’alveo del sistema di educazione e di istruzione 0-6, collocandolo nella sfera educativa con l’obiettivo di garantire la continuità del percorso educativo e scolastico dalla nascita fino ai sei anni di età.

A ben vedere, però, il riparto delle competenze attribuisce alle regioni un ruolo centrale nella legislazione sui servizi per la prima infanzia, determinando un quadro normativo disomogeneo con   un’organizzazione variabile del servizio a seconda dei territori.

Dall’analisi delle normative regionali emerge, difatti, un quadro non uniforme in cui la vocazione sociale ed assistenziale dell’asilo nido non scompare del tutto, convivendo piuttosto con l’anima formativa ed educativa del servizio stesso. È difatti ancora possibile riconoscere la cifra del servizio sociale, specie nei contesti in cui è più pressante l’esigenza di garantire l’accesso ai bambini in condizioni di fragilità o disagio economico.